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La maggior parte dei miei ricordi scolastici si formano in due periodi distinti della mia vita: quelli brutti, al periodo del liceo; quelli meravigliosi, al periodo delle elementari. Non sono mai stata una persona competitiva, né in classe, né nello sport e, tantomeno, nella vita. Ho imparato che, qualsiasi cosa volessi raggiungere, avevo tutte le capacità per poterlo fare.

E anche un sacco di paure, a dir la verità. Perché, a parole, mi riusciva bene tutto; a conti fatti, era tutto un rimuginare e andare avanti e poi bloccarsi. Ma, nonostante tutto, ho sempre ottenuto quello che mi prefissavo: un diploma, poi una laurea, infine un lavoro.

Mi sono sempre chiesta che cosa spingesse le persone a portare avanti i loro progetti e quali fossero i fattori che, invece, impediva loro di continuare. In alcuni casi, la differenza sta nelle domande e nelle risposte che ci poniamo. In altri, sono i risultati che ci immaginiamo di ottenere.

La motivazione nella scuola

Perché ho parlato di scuola? Forse perché, ognuno di noi, ha passato gran parte della sua esistenza all’interno del contesto scolastico e perché abbiamo tanti ricordi dai quali attingere esempi e casistiche. Sono sicura che, anche voi, come me, avete un periodo bello…e uno meno bello. Ma, al di là di questo, entrambi erano caratterizzati da performances, ricerca del voto, preparazione, fatica, godimento.

Nel caso del liceo, del quale conservo freschi ancora i ricordi, ho una sequela di eventi abbastanza disastrosi che camminano a braccetto nella mia testa. Credo sia stato uno dei momenti più catastrofici della mia vita. Non avevo alcun tipo di motivazione che mi spingesse ad andare avanti, né avevo alcuna intenzione almeno di provarci. Non avevo né autostima né autoefficacia (ma di questi due termini ne parlerò più avanti, lo prometto) e questo rendeva tutto più difficile. Questo atteggiamento si rifletteva anche nel mio stato emotivo: non parlavo, non avevo amicizie, mi sentivo un impostore in mezzo a tante persone che riuscivano col minimo sforzo e questo non faceva bene alla mia salute mentale. Soffrivo molto per questo anche perché dava un’immagine di me che non mi aiutava con i professori, creando un circolo vizioso di autocommiserazione e fallimento totale.

Mi era particolarmente difficile trovare un solo motivo per potermi impegnare.

Alle elementari, invece, mi ricordo che avevamo un piccolo gioco (abbastanza ingenuo per una bambina di quell’età) che si basava sulla conta di chi avesse più eccellente nei disegni e nei componimenti. Mi ricordo che questa modalità incentivante si traduceva in uno stato di soddisfazione ed impegno crescente. C’erano giorni in cui quel voto non arrivava così come avrei creduto, sebbene non abbassassi mai il mio livello di coinvolgimento e amavo tantissimo andare a scuola. A differenza del liceo, quello poteva essere sicuramente ricordato come il periodo idilliaco della mia vita. 

La differenza tra motivazione estrinseca ed intrinseca

“Una distinzione importante, all’interno delle teorie motivazionali è quella che contrappone motivazioni intrinseche a motivazioni estrinseche. Esempi di motivazioni intrinseche sono l’interesse, la curiosità, il desiderio di sentirsi competenti e realizzati. Sono invece motivazioni estrinseche i premi, le lodi, gli incentivi, l’approvazione sociale, il raggiungimento di uno status” (Empowerment cognitivo e prevenzione dell’insuccesso, F. Pazzaglia et al., 2002)

Sebbene la lode faccia parte delle motivazioni estrinseche, recenti studi hanno chiarito la loro validità e le loro potenzialità. Rispetto al primo aspetto, gli studi di Lepper e Greene (1975), condotti su bambini, hanno dimostrato che l’introduzione di un premio può provocare una riduzione della motivazione intrinseca alla base. In  altri casi la lode può costituire fonte di motivazione, soprattutto nei casi in cui non vi è un livello di motivazione intrinseca alto (O’Leary e O’Leary, 1977; Schloss & Smith, 1994)

Le lodi controllanti e le lodi informative: come e quando utilizzarle

Una buona lode deve essere:

  • Specifica
  • Credibile rispetto al livello di prestazione
  • Contingente, cioè riguardare l’aspetto lodato ed essere espressa durante o appena dopo l’esecuzione del compito.

Lodi come “Bene!” non funzionano, perché non specificano quale aspetto vogliamo rinforzare. Lodi come “Bene! questa volta sei riuscita a consegnare l’articolo in tempo!”, invece, rinforzano un comportamento preciso e la sua efficacia.

Stipek (1996) distingue tra lodi controllanti e lodi informative. Le prime sono espresse per controllare il comportamento dell’altro, spingendolo verso determinati standard, le seconde forniscono informazioni su come migliorare rispetto alle performances precedenti e indicazioni strategiche.

Le distinzioni tra motivazioni intrinseca e motivazione estrinseca e le modalità di lode fanno chiarezza su come il processo motivazionale non sia generato semplicemente dalla lode (o dal voto, come dal rimprovero) ma dall’interpretazione che chi la riceve può darne. L’interpretazione, infatti, dipende da diversi fattori:

  • credenze
  • percezioni di sé
  • stile attributivo per spiegare i propri risultati
  • obiettivi prefissati.

In qualche maniera, avevo già anticipato inconsapevolmente quello che poi avrei scoperto in teorie. Se al liceo la mancanza di supporto ha ridotto ancora di più la possibilità di sviluppare la motivazione intrinseca e quindi rimandare tutto il processo all’università, non posso però affermare che fosse del tutto assente. Semplicemente era sopita, addormentata dai tempi delle elementari dove, il ruolo del voto e della lode erano già stati internamente regolati.

Fattori cruciali come la collaborazione tra alunni, un buon affiatamento tra docenti e un ambiente scolastico supportivo hanno sicuramente agevolato la mia motivazione all’impegno, a prescindere dal voto stesso. Inoltre, il ricevere una lode o un incoraggiamento ha contribuito a creare un circolo virtuoso motivazionale che, con l’andare del tempo, ho potuto recuperare anche distanza di anni.

Fonti:

Pazzaglia F. et al., (2002), Empowerment cognitivo e prevenzione dell’insuccesso, Attività metacognitive per gli insegnanti e per gli alunni, Ed. Erickson

Lepper M., Greene D., (1975), Turning play into work: Effects of adult surveillance and extrinsic rewards on children’s intrinsic motivation, Journal of Personality and Social Psychology, 28, pp.129-137

O’Leary K., O’Leary S., (1977), Classroom management: The Successful use of behavior modification, 2 ed. New York, Pergamon

Schloss P., Smith M., (1994), Applied behavior analysis in the classroom, Boston, Allyn&Bacon

Stipek D.J., (1996), La motivazione nell’apprendimento scolastico. Fondamenti teorici e orientamenti operativi, Torino, SEI.

 

 

 

 

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