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Lo chiamano senso di morte.

Arriva il mercoledì, nelle mattine che fanno da preludio ai grandi temporali dove il cielo nasconde prepotentemente il sole e non lo lascia respirare.

Sono i giorni in cui i ruoli perdono consistenza e lasciano un residuo polveroso per tutto il soggiorno, difficile da spazzare via: più insisti, più porti a presso una striscia grigia di doveri e raccomandazioni.

“Bah, non è giornata”.

E tutto si cristallizza, persino il tempo. I libri storti girano lo sguardo ad ogni mio passaggio, come offesi. Loro che, nei tempi più bui, fecero da ancora e da salvatori, oggi sono solo vecchie comari abbandonate dall’amore folle di gioventù, in attesa di un ritorno di fiamma.

Nessun incendio dell’anima, stavolta i ricordi si ammassano come fascine per Sant’Antonio ma si stendono rassegnate alla vista dei nuvoloni di pioggia.

Il pericolo di questi periodi è che portano sconvolgimenti, cambiamenti repentini e violenti, senza mezzi termini: quelli che temi durante le conversazioni noiose ma necessarie, quelli che accorrono quando il caffé casca sul pavimento e ti risvegli dal torpore mattutino.

E’ la morte di una parte del vecchio Io. Un crepacuore sintetico ed essenziale nel bel mezzo della mattinata che prosegue a tentoni, indecisa sull’accertarsi o meno dell’accaduto.

Che vista si svelerà una volta condotta sul capezzale?

Avrò le occhiaie, gli occhi spenti per il poco sonno e un ciuffo di capelli scomposto sul viso? Come spiegherò agli Altri che è solo un altro dei miei momenti di crisi?

“Non allarmatevi, vi prego, passerà col resto, passerà come un fischio d’orecchio, chiedendomi se, sopraggiunto al destro o al sinistro, qualcuno mi avrà realmente pensata”

E’ tutto sotto controllo.

La pioggia che cade lenta, invece, no.

Si chiama esaurimento o burnout emotivo. Molti la associano maggiormente alle condizioni frustranti del lavoro odierno; ma esiste anche un altro tipo di situazione che provoca una condizione di burnout, ovvero lo stress (prolungato e reiterato nel tempo) causato da situazioni quotidiane, lutti, episodi traumatici, nascita di un figlio, ruolo di caregiver per un parente malato, convivenza con una malattia cronica, eventi ai quali non sempre riusciamo a far fronte.

Il racconto con il quale ho aperto l’ articolo è la descrizione di una giornata di chi sta affrontando un periodo di esaurimento emotivo.

I sintomi sono sia emotivi che fisici, i quali includono:
  • mancanza di motivazione
  • difficoltà a prendere sonno
  • irritabilità
  • facile affaticamento
  • sensazione di impotenza
  • apatia
  • mal di testa
  • inappetenza
  • nervosismo
  • difficoltà di concentrazione
  • aumento dei pensieri negativi
  • rabbia improvvisa
  • sentimenti depressivi

In un mondo in cui è difficile poter riconoscere lo stato delle energie emotive a nostra disposizione, i periodi di esaurimento emotivo sono un segnale d’allarme che ci intimano di fermarci e ricaricare le pile.

Una volta riconosciuti gli indizi che potrebbero anticipare (o informarci chiaramente) di essere a corto di carburante, una delle prime azioni da compiere è quella di chiedere il time out, per evitare di richiedere troppo al nostro…cervello in riserva.

Come poter affrontare un periodo di crisi emotiva?

Oltre a considerare il sempre valido aiuto della prevenzione (ovvero, armarsi di una cassetta degli attrezzi per il pronto soccorso emotivo, evitando di giungere al culmine), è importante riconoscere lo stressor, ovvero lo stimolo che causa l’ accumulo di stress. Se non è possibile cambiare la rotta con un’azione d’urto (ad esempio, chiudere una relazione sentimentale che provoca più sofferenza che gioia o cambiare azienda in cui si lavora con difficoltà), è importante ritornare ad uno stato naturale delle cose attraverso dei piccoli ma fondamentali cambiamenti nelle proprie abitudini.

Considerare uno stile di vita sano

Spesso siamo immersi in ritmi di vita che non tengono in considerazione le nostre esigenze primarie: mangiamo male e in fretta, dormiamo poco e in maniera disturbata, facciamo uso di alcool, soffriamo di disturbi gastroesofagei frequenti, ecc. Organizzare la giornata con piccoli momenti di benessere fisico (come un’attività fisica o il cambiamento delle abitudini alimentari) aiutano a focalizzarsi su sé stessi. Un grande aiuto arriva anche dalla meditazione come momento per spogliarsi dello stress quotidiano e riprendere l’attenzione sul proprio Sè.

Comunicare all’ Altro la propria necessità di rallentare il ritmo

Una delle difficoltà maggiori è sicuramente quello di mostrarsi fragili. Chi non riesce a sviluppare strategie di coping immediate nei confronti degli stressors, viene considerato come una persona debole e la percezione di questo rende la possibilità di chiedere aiuto ancora più lontana. Trovare delle strategie (anche visive, attraverso un biglietto lasciato per casa o una mail) permettono di diminuire l’ansia legata al periodo e rafforza il legame di fiducia con l’Altro. Il supporto della rete amicale e familiare, in questi casi, può attivare delle azioni importanti per il benessere emotivo della persona.

Affidarsi ad un professionista

I periodi di crisi fanno parte del ciclo naturale della vita. Come già scritto qualche riga sopra, il nostro sistema emotivo subisce, nel bene o nel male, le azioni che provengono dall’ esterno e reagisce di conseguenza. I grandi eventi drammatici della vita (come un lutto) e anche quelli meravigliosi (come l’inizio di una convivenza o la nascita di un figlio), causano degli sballottamenti ai quali è necessario rispondere con le strategie di coping (abilità che si acquisiscono nel corso della vita o che si apprendono attraverso attività mirate), spesso dopo aver rallentato il ritmo e affidandosi ad un professionista delle relazioni d’aiuto. La sua competenza, infatti, è pari a quella di un filosofo dell’agorà greca che, ponendo le giuste domande, aiuta, con fare maieutico, a sviluppare le skills per fronteggiare la crisi e sviluppare nuove energie.

Prevenire se possibile, ma anche rallentare, comunicare e farsi supportare per riprendere a vivere senza lasciare strascichi nella propria quotidianità ed essere pronti, in casi estremi, a far appello nuovamente alle competenze apprese per eventuali altri periodi di burnout emotivo.

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