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Mio nonno era solito tenere una Pilot nera, esclusivamente punta 0.5, nel taschino sinistro. Era la penna alla quale ambivo, quella “con la quale è difficile scrivere”, perché si aveva sempre un certo timore di spezzarne la punta o consumare l’inchiostro gel…e non era poi così maneggevole, per una bambina piccola.

Giravo sempre munita di carta e penna, quando mia madre aveva delle commissioni da fare. Non che fossi una scribacchina provetta, ma mi piaceva intrattenermi durante le lunghe file d’attesa e mi causava, non so come, non so perché, un certo stato di calma (o almeno così mi pare ricordare, se non per aver sentito dire, da mia madre stessa, che bastavano solo quei due strumenti a tenermi impegnata per ore).

E via per gli anni del liceo, a prendere appunti su appunti, perché mi sentivo più sicura durante lo studio.

Il lavoro minuzioso di un amanuense medievale su un normale quaderno di una liceale, ecco cos’era. L’ordine e la pace tra gli appunti di chimica e filosofia, quelle lettere che si susseguivano silenziose una dopo l’altra…

Cos’era per me, quella scrittura, se non il modo per ricordare per sempre le nozioni più importanti? Secondo gli studi (e questo l’avrei scoperto solo molto dopo, spinta dalla passione per l’ approfondimento) l’atto dello scrivere permette una memorizzazione non solo più a lungo termine, ma anche più profonda e completa.

Ho scritto sempre, anche quando non era nozioni scientifiche. Ho scritto biglietti, lettere, inviti, diari…perché scrivere è aiutare il proprio Sè a gestire l’ ansia, perché scrivere è imparare a guardare negli occhi le proprie emozioni che prendono forma, nero su bianco, nei pomeriggi solitari e nelle notti insonni.

Ciò che facciamo non è mai casuale.

Ciò che facciamo, spesso, è la creazione di ciò che portiamo dentro.

Quale passione stava dunque nascendo, mentre mi dilettavo a cambiare e provare penne e brush e pennarelli? (Chi non si è mai lasciato prendere dal desiderio ingenuo di provare le Bic in un negozio di cartoleria e lasciare la propria firma cosicché tutti la potessero vedere?)

Ogni grafema era una piccola opera d’Arte che mi riempiva gli occhi e mi faceva esclamare “L’ ho fatta io”, con così tanto orgoglio materno che ne andavo quasi gelosa.

Mai avrei pensato che un giorno sarei arrivata a trasmettere questa passione, così naturale per me…Ad ogni workshop, la prima domanda che pongo é “Perché vuoi imparare a scrivere meglio, cosa significa per te?” e una delle risposte che mi accompagna in quasi tutti gli incontri è “Perché voglio stare meglio con me, perché voglio ritagliarmi uno spazio per me stesso, per me stessa”.

La scrittura non è dunque un esercizio motorio fine a sé stesso (anche se, come vedremo, è proprio il controllo del movimento ad essere pura e vera meditazione) ma, soprattutto, uno spazio interiore che si esprime attraverso l’ inchiostro sulla carta.

Può, la calligrafia, essere uno strumento di meditazione? Assolutamente sì.

E’ nell’antica tradizione orientale che, nella calligrafia, mente e corpo si uniscono per dare vita al benessere globale dell’ essere umano. Non solo il macrocosmo si riflette nel microcosmo delle lettere, come insegnavano nel Rinascimento, ma è anche il Sé che si riflette nel non-sé, nella Realtà.

Allora prova ad immaginarti come potrebbe essere un momento dedicato tutto a te.

Prendi carta e penna (stai attento, stai attenta, anche lo strumento è fondamentale, ognuno ha la propria penna, no?).

Ricordati di spegnere qualsiasi fonte di distrazione e, se proprio non hai ancora dimestichezza con questi spazi di consapevolezza, utilizza un timer, magari per dieci minuti, per poi aumentare il tuo tempo.

Siediti e scegli un movimento, seppur un movimento propedeutico (=iniziatico) che ti permetta di costruire il grafema (=la singola lettera) che desideri.

La tua mente osserva attraverso i tuoi occhi.

I tuoi occhi sono concentrati sul focus, ovvero la fine della punta della penna che si poggia delicata sulla carta.

La tua mano sente la superficie liscia della penna e il gomito poggia sereno sul piano del tavolo.

Hai notato le parole delicata e sereno? Ecco, nel tuo spazio non vi è costrizione, ma leggerezza.

Ora puoi cominciare la serie dei movimenti che hai scelto. Concentrati su una cosa per volta. Scegli tu: la pressione, la regolarità del tratto, la pulizia del tratto, l’inclinazione.

La mente si svuota, i muscoli sono tutti concentrati su quel centimetro quadrato che si riempie di nero (o di blu…che colore avrai scelto?) e mentre vieni sorpreso da un senso di benessere e di calma.

Il timer suona. Decidi se continuare o meno, se aumentare il tempo del tuo spazio di consapevolezza o se per oggi può bastare così.

Cos’ hai imparato? Forse poco o forse niente, forse non te ne sei reso conto.

La tua capacità di autocontrollo si sposa con la creatività che, con l’ esercizio, verrà sempre più in superficie. Questo è zen.

Scrivere senza Cuore non è Zen. Scrivere senza concentrarsi su ciò che si sta scrivendo non è Zen.

Zen è il respiro lento che pare controllare il movimento ascendente della L sul tuo foglio.

Zen sono le dita che si poggiano discretamente sullo strumento e lo indirizzano dove la mente desidera.

Zen è la parola finale che, composta in qualche minuto di perfetta concentrazione, fa fare un tuffo al cuore.

Hai visto di cosa sei capace? Il livello della tua ansia è diminuita, sei riuscito a focalizzarti su un compito per volta senza correre trafelato a controllare le notifiche dei social, hai creato qualcosa di tuo.

Il benessere interiore può essere (de)scritto: la grafia diventa, così, il tramite tra il tuo Sé e la tua guarigione emotiva.

 

Per approfondire, ti aspetto al mio workshop di calligrafia zen dove, attraverso la grafia, ti aiuterò a meditare e ascoltare la voce interiore che ti consiglia maggior controllo, calma, serenità, concentrazione sul presente.

Iscriviti oggi qui: https://bit.ly/2WhI99J

 

 

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