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Le persone possono cambiare la loro vita in qualsiasi momento del loro percorso. Basta avere il coraggio, una sana dose di volontà e di fiducia.

A volte non c’ entra neanche l’ autostima, se non nella misura in cui ci stiamo mettendo in cammino per (ri)trovarla. Autostima e autoefficacia non vanno sempre d’ accordo: ho pensato a lungo di non valere granché come amica o compagna, ma ho sempre pensato di riuscire nel mondo, a costo di mettermi in secondo piano. La nostra capacità di portare avanti dei progetti non sempre è correlata alla percezione che abbiamo di noi. Vero è che sarebbe preferibile che le due cose andassero a braccetto ed è proprio qui che inizia la mia, la tua storia di cambiamento.

Ecco, quando cominciano i periodi di crisi, è perché qualcosa dentro di noi scalcia per venire fuori: ciò che siamo e ciò che vorremmo essere sono in conflitto e fanno proprio a cazzotti. Lo senti, non c’è storia: apatia, mancanza di entusiasmo, disinteresse, confusione, irritabilità sono tra i sintomi più comuni, ma anche senso di estraneità alla realtà e, talvolta, al proprio corpo.

I giorni si susseguono come fotocopie: ti alzi, ti prepari, non senti neanche più il sapore della colazione, poi esci e compi le azioni una dopo l’ altra come impegni da depennare all’ elenco, poi rientri a casa e ti isoli. Questo è quello che è capitato a me. Pensavo di non avere potere per cambiare la mia situazione, tanto vi ero immersa sino al collo. Eppure, quel senso di rivincita mi ha pervaso.

E’ accaduto ciclicamente, in un modo più o meno violento, e ne ero quasi sempre preparata. Ma oggi, a 31 anni, prende un’ altra piega.

Ti ho raccontato, qualche settimana fa, come gestire il periodo prima della crisi, quel momento che precede il cambiamento vero e proprio: stacca la spina, rifugiati, medita, rifletti, scrivi. Ora, questo ha senso per qualche giorno, per qualche settimana, ma, a lungo andare, crea una bolla d’ isolamento che non fa altro che procrastinare l’ azione.

Perché cambiare significa principalmente agire.

Via i soliti rimorsi del “Se lo avessi fatto prima non avrei perso tutto questo tempo”, “Se fossi stata meno scema e avessi pensato a me” e così via, perché, oltre all’ incertezza del futuro, aggiungono senso di colpa alla frustrazione (che è già un bel peso di per sé) perché ogni cambiamento avviene in un momento preciso della nostra vita. La consapevolezza, dunque, non è un must da imporsi, ma un processo al quale dobbiamo aspirare, con pazienza e tenacia.

Tante altre volte mi sono chiesta cosa potessi fare per cambiare, ponendomi degli obiettivi: a volte è stato stancante, perché partivo sempre da ciò che non andava, cercando di colmare delle mancanze o dei “difetti”, basandomi su quello che dovrebbe essere fatto.

Non c’è niente di più sbagliato.

Forse questa è la volta giusta perché il mio obiettivo, da qui in poi, è quello di dimenticare tutto quello che ho fatto e tutto quello che sono stata sinora. Attenzione, questo non è realmente possibile perché il risultato di anni di cultura, famiglia, influenza della società, non può essere spazzato con uno schiocco di dita, ma…quando dico “dimentica ciò che sei” è perché ti sto invitando a buttarti in tutto quello che non hai mai fatto o in tutto quello che non sei mai stato, per via della paura del giudizio o del non essere accettato.

C’è una mente che si nasconde nel nostro corpo, oltre a quella ordinaria. E’ quella innata, quella più primitiva, che si cela in frasi come “Questo è quello che mi sento di fare”. Passione, istinto, chiamala come vuoi, ma è a quella mente che devi parlare e a quella mente devi dare ascolto.

Dimenticare significa accettare incondizionatamente la propria persona: ciò che tu chiami difetto può diventare un punto di forza (le persone dicono che io rido troppo, io penso che l’ ironia mi salverà), ciò che tu chiami errore io la chiamo esperienza, ciò che tu sei è il risultato di tutte le tue scelte.

Dimenticare ha quindi una connotazione positiva: la ricerca diventa così un cammino senza pregiudizi, dove la felicità è nel processo e non nel risultato.

Dimenticare è sospendere il giudizio su di sé e darsi finalmente valore: agire è il modo migliore per avere feedback immediati, anziché rimuginare, fantasticare, farsi film mentali su ciò che non è oggettivo. Agire è vedere se si è ok o no: se va bene, brava, pacchetta sulla spalla, rinforza quell’ aspetto; se non va bene, stai tranquilla, aggiusta il tiro, può capitare.

Diventi tu il tuo baricentro emotivo, capace di orientarti nel mondo e nelle relazioni.

Una volta allontanatami dalla mia me, ho potuto vedere con chiarezza. Ecco dov’ erano le cause della mia infelicità, in un circolo vizioso in cui non mi concedevo di esprimermi, arrabbiandomi perchè non mi sentivo compresa, distruggendo me stessa  per cercare di essere ancora più più più di tutto, esaurendo le energie e ricominciando da capo, senza però riuscire a costruire una versione migliore di me.

Non è raddoppiando le energie che tu puoi cambiare, ma scegliendo nuove strategie. 

Se finora ho atteso, ora mi concedo di dire No prima che accada qualcosa che non mi piace.

Se finora ho detto di No alle persone per paura di vedere invaso il mio spazio vitale e intaccata la mia personalità, ora dico Sì, proviamoci…metti che mi diverta pure!

Quante cose ancora non conosco, quante cose ancora non ho vissuto, quante emozioni mi travolgeranno ancora!

La cosa più difficile è avere pazienza e parare i giudizi: ti vedranno diversa, ti vedranno cambiata, ti diranno che una persona che ha sofferto non può ridere, che non puoi permettertelo, ma ci riuscirai perché hai attraversato di peggio.

Chiediti cosa faresti se oggi fosse il tuo ultimo giorno della tua vita. Avresti ancora così tanta paura di cambiare?

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